Delsarte e il “gesto naturale”.

Possiamo trovare nella figura di François Alexandre Nicolas Chéri Delsarte (1811 – 1871) un antesignano del gesto naturale, sincero anche se codificato; prima ancora di Stanislavskij e del suo naturale modo di stare in scena. Delsarte è stato un maestro di canto e recitazione, fu allievo del Conservatoire de Paris cantando poi come tenore all’Opéra Comique. Fu, inoltre, compositore e scrittore di romanzi.
Dedicò quarant’anni all’analisi dell’espressione umana, diventando famoso per un metodo e uno stile di recitazione che intendeva collegare le emozioni espresse in scena da attori e cantanti a un preciso codice di gesti, movimenti ed espressioni che egli aveva messo a punto a partire dalle proprie osservazioni dell’interazione sociale fra le persone. Il tutto si basava sulla “legge trinitaria” dove a: Voce, Gesto e Parola, corrispondono Corpo, Anima e Intelletto compresi gli attributi di Bello, Buono e Vero. Il gesto è per F.D. al vertice della gerarchia dei linguaggi espressivi e viene studiato secondo tre linee di ricerca: la Statica, la Dinamica e la Semiotica. Un complesso sistema pedagogico, quindi, in cui ad ogni umana disposizione interiore corrisponde una modalità espressiva esteriore seconda una vera e propria “legge di corrispondenza” che si può apprendere e applicare se si intende dare all’arte accenti di verità, eliminando ogni forma di convenzionale artificiosità e affettazione.
Tale metodo ebbe origine, come sempre, da un intoppo che acuì l’ingegno:dopo un promettente debutto come cantante all’Opéra di Parigi (1830), Delsarte ebbe un irreparabile calo di voce che ne compromise per sempre la carriera. Da qui, la convinzione che all’origine della sua afonia ci fosse il cattivo insegnamento ricevuto in conservatorio, tutto basato sulla convenzione e sull’artificio. Perfetto germoglio per l’elaborazione del suo metodo di insegnamento che negli anni fra il 1840 e il 1870 trasmise a uno stuolo di allievi, fra i quali annoverava alcuni dei più celebri cantanti, attori, musicisti, letterati, magistrati e prelati dell’epoca (tra i quali Bizet, Rossini, Lamartine, Dumas, Gautier, il giudice Dupré, l’abate di Notre- Dame). Tale “metodo Delsarte” divenne presto popolare anche in America grazie al suo protetto (l’attore Steele MacKaye, qui nella foto sotto) e ad un allievo di quest’ultimo, Genevieve Stebbins che pubblicò, nel 1885, un libro di grande successo intitolato The Delsarte System of Expression (Il sistema dell’espressione di Delsarte).

Di base, però, l’inventore non scrisse mai nessun libro spiegando il suo metodo e dall’ultimo decennio dell’Ottocento Delsarte fu insegnato ovunque e non sempre in accordo con la connettività emozionale che egli originariamente aveva elaborato. Sembra poi che non fosse necessaria alcuna certificazione per tenere un corso inerente al suo procedimento e che l’insegnamento regredì a vuote posture con minime verità emozionali. Si cominciò, di conseguenza, a diffonderlo travisandone gli obiettivi, e contribuendo così ad una evoluzione della gestualità teatrale in una forma esageratamente melodrammatica e, per ironia, artificiosa e fasulla proprio all’opposto di dove voleva andare François. Ma dobbiamo ringraziare proprio questo se nacque poi l’esigenza di una maggiore introspezione psicologica che diede vita all’altrettanto leggendario metodo Stanislavskij.

Il lavoro di Delsarte, di fatto, ispirò danzatori come Isadora Duncan, Ruth St. Denis, Ted Shawn, Rudolf Laban e F.M. Alexander che studiarono e appresero gli insegnamenti finché non svilupparono i propri metodi.

Fonti:

Continuamente Danza. L’infinito in corpo. Nuria Sala e Michela Bianchi.

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