Biodanza, la danza della vita

La Biodanza è una disciplina che attraverso la musica, il movimento spontaneo e sentito, l’incontro affettivo tra le persone che partecipano, permette esperienze di integrazione e di ri- apprendimento delle funzioni originarie della vita. Biodanza come movimento di vita non assimilabile né al balletto né ad altre forme di danze strutturate. Il prefisso bio, infatti, deriva dal greco bios=vita; un movimento che ripristina il senso primordiale della parola danza trasformandola in un qualcosa di più naturale, maggiormente connessa all’emozione.

Una storia che inizia più di trent’anni fa a Santiago del Cile ed arriva fino a noi in virtù della perseveranza e dell’intuizione di Rolando Toro, psicologo, pedagogo, antropologo, pittore, musicista e poeta.

Docente del Centro di Antropologia medica alla Scuola di Medicina della Università del Cile, ha occupato la cattedra di Psicologia dell’arte e dell’espressione all’Istituto di Estetica Pontificia Università Cattolica del Cile; è stato professore emerito della Università Aperta Interamericana di Buenos Aires (Argentina). Realizzò ricerche sulla violenza nel Penitenziario di Santiago; inoltre fece parte dell’Istituto di Ricerche dell’Ospedale Psichiatrico di Santiago dove sperimentò diverse tecniche di lavoro con i degenti al fine di “umanizzare la medicina”, tra cui psicoterapie di gruppo quali: il teatro, psicodramma, arte- terapia e dove anche poté sperimentare con la musica e la danza le prime osservazioni fenomenologiche sul senso dell’identità e la coscienza corporea e a una certa diminuzione della percezione dei limiti corporei e allo stato di regressione o trance.

Toro fu ispirato dalla lettura del libro: “La funzione dell’orgasmo” di Reich in cui afferma che l’inconscio è il nostro corpo.
Il corpo ha uno psichismo autonomo represso, un inconscio vitale: è totalmente inconscio, ad esempio, il processo dei battiti cardiaci e altri processi involontari. Esiste uno psichismo biologico inconscio che non possiamo maneggiare. Nello psichismo la cellula ha memoria, riconosce il nemico, le cellule comunicano fra loro a distanza, divorano il nemico, quando non possono distruggerlo scappano. L’accesso allo psichismo è la funzione endochimica, lo stato d’animo e il benessere cenestesico. Le cellule obbediscono all’autoritarismo dell’unità, ricevono l’ordine di morire e muoiono.

Da qui, Rolando Toro si convinse che, oltre all’inconscio personale di cui ci parla Freud e oltre all’inconscio collettivo di Jung, esistesse uno psichismo organico, o cellulare che egli denominò Inconscio Vitale. Un inconscio appunto pieno di Vita, di cellule, pronte ad aiutarci in ogni momento. A rendere viva la nostra vita. Un inconscio che deve essere raggiunto attraverso l’esperienza della Vivencia, l’essere presente qui ed ora in ciò che viviamo. Sentirsi, quindi, vivi.
Tutti sappiamo che c’è una differenza tra le funzioni delle attività tra i due emisferi cerebrali: il sinistro è la sede del linguaggio, del pensiero analitico, delle funzioni razionali e cognitive, mentre il destro è specializzato nelle funzioni integranti, non verbali, tattili e si attiva maggiormente in attività come ascoltare la musica e danzare. La Biodanza stimola prevalentemente quest’ultimo emisfero in modo da compensare lo squilibrio provocato da una cultura che predilige le funzioni razionali e analitiche a scapito di quelle inconsce. Concetti già espressi e ascoltati dallo stesso Rolando Toro già nel 1965 durante un convegno di medicina organizzato da Francisco Hoffman, un medico innovatore sostenitore della rivoluzionaria tesi (per l’epoca) secondo cui l’origine emozionale della malattie, dei disagi psicologici e delle dissociazioni patologiche affliggono l’umanità si deve far risalire alle difficoltà affettive dell’uomo all’interno della sua cultura. Fu questa l’intuizione primaria che fece cogliere a Toro il punto focale intorno a cui elaborare il modello teorico del sistema Biodanza.

L’uomo è segnato dal desiderio di felicità ma non sa cosa lo renda felice una volta per tutte. Lo scopre ogni giorno nella relazione, quando scopre quel”umanità dell’umano” di cui parla il filosofo francese Lévinas, quando si riconosce come essere intrinsecamente relazionale, incapace di essere felice da solo, di provare felicità chiuso in se stesso.

In virtù di tutto ciò, la Biodanza non può essere praticata individualmente perché cerca la comunione, il contatto affettivo con il gruppo che offre possibilità diversificate di comunicazione e funge da contenitore protettivo per ciascuno dei partecipanti durante la realizzazione delle proposte. Attraverso la musica nasce un movimento spontaneo e sentito creando situazioni di incontro tra i partecipanti e permettendo, quindi, di conseguire effetti di integrazione umana, rinnovamento organico, rieducazione affettiva e riapprendimento delle funzioni originarie della vita.

Fonti:
Yoga Journal, https://biodanzanapoli.wordpress.com.

Si ringrazia Dott. Letizia Costanzo -insegnante titolata Biodanza Sistema Rolando Toro.

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